Ambiguità, per una critica della postverità

Otto anni prima che il British Dictionary dichiarasse “post-truth” parola dell’anno, nel libro L’Ambiguità (Einaudi, 2008), Simona Argentieri denuncia come tratto dominante della nostra epoca proprio l’ambiguità, a livello individuale e collettivo, nelle relazioni amorose, sociali e politiche. L’ambiguità è vista come “una tendenza a vasto raggio nelle nostre società”, “un aspetto dominante della nostra epoca”, un “sintomo di un disturbo cognitivo e di una carenza morale”. Argentieri non si rassegnava ad accettare che la verità non possa più contare nulla per il vivere insieme. Il rischio sarebbe quello di rassegnarsi a credere che tutti i comportamenti siano ambigui cioè che la verità non esista più.posttruth

Quello di Simona Argentieri è un libro su una deriva fuori dalla verità; dalla politica agli aspetti più intimi, siamo di fronte a una metamorfosi che rende tutti meno responsabili.

L’autrice fornisce moltissimi esempi, tratti dal suo lavoro di indagine con i pazienti. Dall’incoerenza tra il dire e il fare per arrivare alla politica o meglio al costume (ethos) dei politici postmoderni che “non solo non provano il minimo imbarazzo per essere una contraddizione vivente, ma pretendono di essere riconosciuti come punti di riferimento in una campagna politica e ideologica”.

Non siamo di fronte a un sottile meccanismo difensivo psicologico ma alla conseguenza di una precisa scelta, conscia e consapevole, di salvaguardare il proprio interesse privato senza riferimento a una etica condivisa.

Siamo in una zona grigia – espressione di Primo Levi per indicare la zona collusiva tra le vittime e i carnefici nei Lager – che oggi riguarda molteplici sfumature nella vita sociale e privata. Per sopportare senza fatica e sofferenza situazioni fastidiose, per evitare il conflitto tra l’Io e il Super-Io, si evita la fatica di assumersi responsabilità e quindi in definitiva anche la possibile colpa. Anzi si chiede alla psicoterapia di non farci sentire in colpa.Argentieri

Il libero di Simona Argentieri è poco politically correct ma di un acume preciso: per esempio dedica parte della sua analisi all’impietosa connivenza dei chirurghi con l’illusione che sia possibile la riattribuzione sessuale. Proprio perché le identità di genere sono in ogni società fluttuanti e non rigide, è possibile ribaltare il discorso e dichiarare illusoria la riatttribuzione sessuale tramite la chirurgia, che ha invece la presunzione di correggere uno sbaglio della natura (quello di far nascere femmine in corpi di maschi), mentre in realtà si limita a distruggere il sesso di partenza lasciando le persone disilluse con problemi fisici e psicologici. Per Argentieri è in questo caso, come negli altri, è oggi fondamentale distinguere i diritti dai desideri.

In ambito familiare, oggi l’educazione dei bambini avviene sotto il segno della mancanza di confini e di limiti. Gli adulti di oggi hanno rinunciato all’autorità, all’autorevolezza, alle funzioni normative, punitive e protettive, che erano proprie forse impropriamente del padre paterno. Sempre di più i genitori rinunciano alla responsabilità e si crea così una “crisi delle funzioni adulte al servizio del conflitto sano e vitale”. Padrematerno

Il mito di Narciso, che oggi sembra spiegare maggiormente le psicologie postmoderne, tratta in realtà aspetti più regressivi della personalità, legati alla difficoltà di uscire da se stessi. Argentieri difende il complesso di Edipo perché qui le due grandi divisioni tra adulti e minori e tra maschi e femmine hanno ancora senso, soprattutto in un mondo dove ambiguamente i bambini condividono bagno e letto matrimoniale con gli adulti fino (e oltre) la pubertà.

La presa di distanza dall’attuale società non è esplicita ma implicita, anche se alla denuncia della deriva non seguono bagliori rassicuranti. Argentieri sostiene che la nostra società non vada incontro a bisogni autentici ma a difese nevrotiche; inoltre sostiene che il grande equivoco della nostra epoca sia il sesso quale attività, “perno integratore dell’identità e strumento della felicità terrena”. Sarebbe interessante capire meglio se esiste un legame tra la crisi del principio di autorità e questo equivoco nel ruolo della sessualità. Forse ripartire da una sessualità ancorata all’affettività potrebbe significare riprendere un nucleo politico del femminismo novecentesco in cui il personale è politico.

Anche su questo campo si consuma però una ambiguità di cui Argentieri ancora non si dilunga abbastanza: la separazione tra sessualità e genitorialità. Dalla completa sovrapposizione tra sesso e matrimonio della coppia novecentesca, nel nuovo millennio si sta scivolando verso una ambigua totale separazione: sesso e genitorialità sono separabili e persino mutualmente escludentesi. Ambiguità

Il libro costituisce una delle critiche più interessanti alle derive individualistiche del mondo contemporaneo: se nel Novecento i desideri per trasformarsi in diritti dovevano passare il filtro dell’elaborazione collettiva, oggi il Marketing ci vuole fare credere che ogni desiderio sia di per sé un diritto, basta poterlo comprare. La scorciatoia non è praticabile, solo la fatica e i valori condivisi possono aiutare le singole persone.


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